Frammento di legno proveniente da una baracca del campo di concentramento nazista di Mauthausen (Austria).
In questo periodo in cui sui titoli dei giornali si legge così spesso la parola "negazionismo", mi sembra appropriato inserire nel catalogo anche questo "povero" pezzo di legno, che se potesse parlare chissà quante ne avrebbe da dire in proposito...
Raccolsi questa scheggia nel 1991 dal pavimento di una delle baracche del campo di concentramento nazista di Mauthausen, una ridente cittadina austriaca immersa nel verde che durante gli anni della deportazione è stata teatro di azioni che di ridente hanno ben poco.
All'epoca avevo 16 anni, e mi recai in vacanza in Austria con i miei genitori. Nel nostro itinerario, che toccò Innsbruck, Salisburgo e Vienna, facemmo tappa anche a Mauthausen.
Non ricordo quanto ci fu di casuale e quanto di pianificato in questa scelta, ma questa piccola deviazione per raggiungere il paesino nella provincia di Linz fu fatta con l'obiettivo preciso di visitare il lager.
La struttura, conservata in parte "a futura memoria", viene oggi visitata da migliaia di persone ogni anno, e all'interno delle baracche era allestita una mostra di oggetti e documenti fotografici che definire "forti" è dir poco.
Eppure, questa semplice visita di una mattina d'estate di 18 anni fa, mi ha insegnato molto di più che anni di studi sui banchi di scuola.
In realtà quello di Mauthausen-Gusen era il più grande di una serie di campi minori dislocati nella zona, ed era stato denominato Lagerstufe III (cioè di terzo grado, il più duro). Fu l'unico campo di prigionia indicato con questo grado.
Venne inaugurato nell'agosto del 1938 e destinato a “... detenuti con gravi pendenze penali, non rieducabili, e allo stesso tempo anche penalmente pregiudicati e asociali, ovvero per detenuti per ragioni di pubblica sicurezza, che possono a mala pena essere rieducati...” , infatti vi furono internati socialisti, omosessuali e rom.
All'epoca avevo 16 anni, e mi recai in vacanza in Austria con i miei genitori. Nel nostro itinerario, che toccò Innsbruck, Salisburgo e Vienna, facemmo tappa anche a Mauthausen.
Non ricordo quanto ci fu di casuale e quanto di pianificato in questa scelta, ma questa piccola deviazione per raggiungere il paesino nella provincia di Linz fu fatta con l'obiettivo preciso di visitare il lager.
La struttura, conservata in parte "a futura memoria", viene oggi visitata da migliaia di persone ogni anno, e all'interno delle baracche era allestita una mostra di oggetti e documenti fotografici che definire "forti" è dir poco.
Eppure, questa semplice visita di una mattina d'estate di 18 anni fa, mi ha insegnato molto di più che anni di studi sui banchi di scuola.
In realtà quello di Mauthausen-Gusen era il più grande di una serie di campi minori dislocati nella zona, ed era stato denominato Lagerstufe III (cioè di terzo grado, il più duro). Fu l'unico campo di prigionia indicato con questo grado.
Venne inaugurato nell'agosto del 1938 e destinato a “... detenuti con gravi pendenze penali, non rieducabili, e allo stesso tempo anche penalmente pregiudicati e asociali, ovvero per detenuti per ragioni di pubblica sicurezza, che possono a mala pena essere rieducati...” , infatti vi furono internati socialisti, omosessuali e rom.
In seguito vi si aggiunsero una quantità di deportati polacchi, soprattutto artisti e professori universitari, più di 7.000 repubblicani spagnoli e prigionieri di guerra sovietici.
Negli anni poi vi furono ondate di deportati trasferiti da altri campi. Si stima che in totale nei vari sottocampi siano transitati circa 335.000 persone, uomini, donne e bambini (c'era anche una sezione femminile). Con il termine "transitati" non intendo dire che poi abbiano lasciato il campo per altri luoghi...
Se Dachau era inteso come campo di internamento, infatti, Mauthausen era visto dai nazisti come un vero e proprio campo di sterminio e pertanto gli internati potevano avere ai loro occhi solo il privilegio di vivere qualche mese in più, fino a che servivano nelle cave di pietra. Poi, in base a precisi programmi, venivano eliminati e sostituiti da altri in condizioni fisiche migliori. Vi era un continuo ricambio per mantenere la produzione ai più alti livelli possibili, ma per i lavoratori l'unica costante era lo sterminio, portato a termine con i seguenti metodi:
Negli anni poi vi furono ondate di deportati trasferiti da altri campi. Si stima che in totale nei vari sottocampi siano transitati circa 335.000 persone, uomini, donne e bambini (c'era anche una sezione femminile). Con il termine "transitati" non intendo dire che poi abbiano lasciato il campo per altri luoghi...
Se Dachau era inteso come campo di internamento, infatti, Mauthausen era visto dai nazisti come un vero e proprio campo di sterminio e pertanto gli internati potevano avere ai loro occhi solo il privilegio di vivere qualche mese in più, fino a che servivano nelle cave di pietra. Poi, in base a precisi programmi, venivano eliminati e sostituiti da altri in condizioni fisiche migliori. Vi era un continuo ricambio per mantenere la produzione ai più alti livelli possibili, ma per i lavoratori l'unica costante era lo sterminio, portato a termine con i seguenti metodi:
- Il durissimo lavoro nelle cave di pietra, con il trasporto di blocchi pesanti fino a 50 chili lungo la scalinata che dalla cava risaliva al campo, soprannominata appunto la "scala della morte", e descritta nel libro "I 186 gradini" di Christian Bernadac.
- Le camere a gas (che SI' esistevano e sono ancora ben visibili, così come le montagne di lattine di Zyklon B, il gas usato nelle "docce disinfettanti").
- Docce gelate della durata di diverse ore fino alla morte per ipotermia alle quali vennero sottoposti circa 3.000 internati .
- Fucilazioni di massa (Il comandante del campo, quando suo figlio compì 18 anni, gli regalò una pistola, poi mise in fila una ventina di prigionieri e insegnò al figlio a fare tiro a segno).
- Esperimenti medici (una delle sezioni più raccapriccianti della mostra, corredata da molte foto dell'epoca, ne illustra i risultati).
- Dissanguamento.
- Iniezioni di benzina nel cuore.
- Impiccagioni.
- Ogni settimana morivano più di 2.000 prigionieri per fame. Il peso medio dei "detenuti" era di 42 chilogrammi.
Non posterò qui nessuna foto dell'epoca, ma se siete interessati a verificare che i fatti qui esposti sono realmente accaduti e non si tratta di un'invenzione sionista come alcuni sostengono, vi basta fare una veloce ricerca sul web (rovate a digitare "Mauthausen" nella ricerca immagini di Google). La documentazione in proposito non manca.
Per alleggerire un po' l'atmosfera, vi propongo un pezzo del cantautore spagnolo Javier Krahe che con la sua solita ironia ben descrive l'estro che l'uomo ha sempre avuto nell'inventare nuovi mezzi per torturare e ammazzare i suoi simili. E' del 1980 e si intitola "La hoguera" (Il rogo):
Per alleggerire un po' l'atmosfera, vi propongo un pezzo del cantautore spagnolo Javier Krahe che con la sua solita ironia ben descrive l'estro che l'uomo ha sempre avuto nell'inventare nuovi mezzi per torturare e ammazzare i suoi simili. E' del 1980 e si intitola "La hoguera" (Il rogo):
"E’ un argomento molto delicato
Quello della pena capitale,
perché oltre a quello del condannato,
entra il gioco il gusto di ognuno.
Impalamento, lapidamento,
immersione, crocifissione,
scorticamento, squartamento,
tutte sono degne di ammirazione.
Ma lasciate, ah, che io preferisca
Il rogo, il rogo, il rogo.
Il rogo ha un non so che
Che solo lo possiede il rogo.
So che hanno provato la loro efficacia
Le cartucce del plotone;
La ciliegina del colpo di grazia
È un’esclusiva del muro.
La ghigliottina, com’è ovvio,
possiede lo chic dei francesi,
la testa che cade nella cesta,
occhi e lingua di traverso.
Ma lasciate...
Non ho elogi a sufficienza
Per la camera a gas,
che per grandi contingenti
ha dimostrato di essere l’asso.
Non negherò neppure che il dondolìo
Dell’impiccato una scoperta è,
né come si stira il colpevole
quando gli zavorrano i piedi
Ma lasciate...
Scuotere con corrente alternata
Riconosco che non è niente male;
la sedia elettrica è moderna,
americana, funzionale.
E so che funzionava a meraviglia
La nostra bella garrota
Per sistemare il bavero
Alla collottola più incivile"
Nelle immagini qui sotto, tre disegni dell'artista Agostino Barbieri (deportato a Mauthausen nel novembre del 1944) illustrano la vita - e la morte - quotidiana all'interno del campo meglio di qualsiasi parola.
DETTAGLI
Dimensioni: cm 12,3 x 2,9 x 0,6
Peso: 5 gr
Provenienza: 1991, Konzentrationslager Mauthausen-Gusen (Österreich).
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