23.3.09

r/030 - Storia di un eroe

Questa volta non ci sarà bisogno di spendere molte parole per presentare l'oggetto in questione. Si tratta di un documento dattiloscritto in triplice copia, trovato tra vecchie lettere e cartoline che mia nonna conservava in una scatola. La stessa da cui uscì il calendario-canzoniere abissino (vedi r/015), e che riserverà altre sorprese in futuro.

Ogni copia del documento è composta da due fogli leggerissimi uniti da una graffetta angolare metallica. Non mi è chiaro se si tratti della prima stesura originale o se anche queste siano copie posteriori di uno scritto molto più vecchio. Il titolo "PRO-MEMORIA" lascerebbe pensare proprio a questo.
I fatti narrati si riferiscono al 25 novembre 1917, quando era ancora in corso la prima guerra mondiale. Nel testo infatti vengono citate alcune profughe, e la stessa ragione del viaggio che porta il protagonista fino alla cittadina di Riccione, è l'intenzione di mettere a disposizione del Comitato dei Profughi una casa che egli possedeva in quella località.
Ricordiamo che proprio un mese prima si era combattuta nella valle dell'Isonzo la fatidica battaglia di Caporetto, e che l'esercito italiano aveva dovuto ripiegare in tutta fretta di fronte all'offensiva congiunta di austriaci e tedeschi.

Il protagonista di questa storia non è un mio diretto parente, ma in qualche modo è collegato alla mia famiglia. Sostituisco il cognome con una neutra "X" che penso non tolga nulla alla vicenda in sé.
Ma basta chiacchiere. Ecco qui il testo completo del documento:

PRO-MEMORIA
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La sera del 25 novembre 1917 il signor X Giovanni Battista (già S.Capo Ufficio alle Ferrovie dello Stato in Roma - via Boncompagni, scendeva colla moglie (entrambi provenienti da Roma) alla stazione di Riccione e s'incamminava verso la località Fogliano, dove possedeva una casetta ch'egli era appunto venuto per consegnare al Comitato dei Profughi.

La vecchia stazione ferroviaria di Riccione in una foto d'epoca.

Il tempo era burrascosissimo e per ripararsi un po' i detti signori sostarono per un momento nel negozio di Sale e Tabacchi di proprietà delle signore Gaspari (sito a Riccione Marina); quindi ripresero il cammino, giunsero con fatica in località Fogliano, dove sostarono pochi minuti nell'abitazione del Sig.Ratini, custode della loro casa.
Non appena giuntivi, lugubri ed insistenti ululi di sirena provenienti dal mare richiamarono la loro attenzione.

Il X, intuendo che una nave in pericolo doveva trovarsi nelle vicinanze, interruppe la conversazione e, pregata la moglie di andarsi a mettere al riparo nella propria casetta, si recò arditamente ed in tutta fretta sulla spiaggia vicinissima.
Dico "arditamente" poiché il maltempo imperversava in modo così orribile che nonostante i ripetuti appelli di soccorso lanciati dalla nave, la spiaggia era deserta di pescatori, di contadini, di guardia di Finanza di Carabinieri.
Nell'oscurità il Sig. X intravide confusamente a non grande distanza dalla riva, una nave flagellata dai marosi, ed udì le grida dei marinai ohe in coro gridavano : "Aiuto, siamo italiani, affondiamo, salvateci!"

Il Sig. X, in preda a vivissima commiserazione per la sorte dell'equipaggio, si pose con gran voce a gridare verso la nave che si seppe poi essere il cacciatorpediniere "Zefiro" della Regia Marina, (nella foto in basso, n.d.r.) di farsi coraggio che lui correva ad avvertire le autorità.
Prima di lasciare la spiaggia, però, credette bene di perlustrarla, e la sua precauzione non fu vana perché scorse un individuo vestito della sola maglia, con un salvagente attorno al collo, il quale, assiderato dal freddo terribile, esausto dallo sforzo fatto nuotando dal cacciatorpediniere alla spiaggia, stava per perdere i sensi.

Il poveretto esposto a quel modo alla "bora" violenta e gelata, coperto di nevischio, era incapace quasi di pronunziare parole, tanto che alle interrogazioni non poteva rispondere che in modo confuso; "Talian, talian, zefir, zefir" (cioè che era italiano e che la nave era lo "Zefiro").
Il Sig. X, al quale il naufrago si aggrappava semi-svenuto, lo sorresse e, condottolo alla Trattoria dell'Alba (sita nel pressi) bussando e dando il suo none ben noto all'ostessa, chiese si desse ospitalità ad un povero naufrago.

Malauguratamente l'ostessa, Sig.ra Ida Conti in Patrignani, intimorita dalla notte burrascosissima, rispose dalla finestra che era sola con i figlioletti e non poteva aprire.
Ed il Sig. X, ripigliato sotto braccio il povero naufrago che se ne moriva dal freddo, lo condusse alla più vicina casa abitata (proprietario Sig. Rossi) ove dimoravano alcune profughe (Signore Socol) le quali premurosamente provvidero al ristoro del disgraziato marinaio che si seppe poi essere certo Vito Surdi di Monopoli, fuochista a bordo dello Zefiro.

In detta casa il Sig. X vide ricoverato un altro naufrago (Sig.Bonezzi silurista dello Zeffiro) il quale vi si era ricoverato in precedenza e da lui potè avere qualche notizia sull'incidente: fra l'altro seppe che lo Zeffiro numerava fra equipaggio ed ufficialità circa un'ottantina di persone. Al pensiero che tante persone erano in imminente pericolo di vita il Sig. X, benché avanzato in età (60 anni) ed abituato alla vita pacifica dei tranquilli e ben protetti ambienti degli uffici e nonostante che la bufera incutesse timore perfino ai contadini del luogo, corse nuovamente sulla spiaggia in cerca d'altri naufraghi, ma non scorgendone e trovando la spiaggia tuttora deserta di qualsiasi militare; in risposta alle invocazioni d'aiuto sempre provenienti dalla nave reiterò a gran voce le sue esortazioni di farsi coraggio ed avvertì che еgli si recava dalle autorità per chiamare soccorso.
Prima però, corse alla sua vicina casetta per avvertire e tranquillizzare la moglie che - messa in orgasmo dai lugubri urli della sirena e dai gridi non meno impressionanti dei marinai che in coro chiamavano aiuto - attendeva ansiosamente, sola nella notte tempestosa, il ritorno del marito; la informò dell'accaduto e le disse che doveva perciò recarsi subito a Riccione por chiamare soccorso.

Panorama di Riccione nei primi anni del '900.

Alle amorevoli insistenze della moglie che lo pregava di voler prendere un po' di cibo, prima di esporsi nuovamente alla bufera, il Sig. X rispose le testuali parole :" Pensa che vi sono 8О persone in pericolo di vita, ed un solo momento di ritardo sarebbe un delitto."
La moglie benché inquietissima non osò insistere per la fermezza da lui dimostrata, sia per il pensiero della salvezza ohe stava per derivarne a tante persone che per compiere il loro dovere si trovavano in pericolo di vita.
Ed il Sig. X, senza ristorarsi, senza nemmeno cambiarsi i vestiti inzuppati ripetè: "Il mio dovere mi chiama", ed uscì nuovamente al tempo terribile, alla pioggia sferzante per giungere da solo (lui, impiegato anziano, giunto in quel momento da Romа e notisi dopo uno snervante viaggio di 20 ore, ritardo dovuto alla riduzione del servizio ferroviario) fino a Riccione Marina per avvertire dell'accaduto il Comando dei RR.Carabinieri ed il Comando della R.Finanza.
Non avendo la Caserma dei RR.Carabinieri il telefono egli, accompagnato dal Maresciallo, si recò nella Caserma di Finanza nella quale trovò le autorità ignare dell'accaduto: insistette vivamente ohe si telefonasse a Rimini e ad Ancona per il pronto invio di soccorso, mezzi di salvataggio, e la telefonata fu eseguita dal Maresciallo di Finanza Sig. Mareschini.

In basso: Riccione oggi.

In seguito il Sig. X per assolvere pienamente il oompito, guidò personalmente i Sigg. Marescialli Marchesini della R.Finanza e Marchetti dei RR.Carabinieri, sul luogo del sinistro ed in seguito nella casa delle Signore Socol ove erano ancora riparati i due naufraghi Sigg.Bonezzi (silurista) e Surdi (fuochista).
In detta casa venne dai suddetti Marescialli redatto verbale dell'accaduto, nel quale verbale è fatta esplicita menzione dell'opera svolta dal Sig. X.
Dopo di che, affranto dalla stanchezza dello strapazzo sostenuto, tutto intirizzito, egli ritornò alla sua casetta (era la mezza di notte circa) dopo di aver cioè camminato per 4 ore sotto la gelida e formidabile burrasca che infuriò la notte dal 26 al 27 novembre u.s. nell'Adriatico. (I pescatori del luogo non ricordano burrasche simili se non a distanza di 10 o 16 anni addietro e chi è a giorno degli avvenimenti marittimi conosce quali altri sinistri essa ebbe purtroppo a causare.)
Il giorno dopo il Sig. X principiò a provare un vago malessere ed il giorno seguente si pose a letto ammalato di polmonite.

Malgrado l'assistenza instancabile e trepida della moglie angosciata (alla quale le difficili condizioni economiche del luogo e cioè mancanza di pane perché essa era sprovvista di tessera, mancanza assoluta di petrolio, ecc. rendevano ancor più penosa l'esistenza), nonostante fosse curato sapientemente dall'abilità colta ed esperta del Distintissimo Dott. Riccioni (medico condotto di Riccione) nella notte del 7 dicembre 1917 il Sig. X si spegneva inconsciamente, assistito nell'ora suprema solamente dalla povera moglie costernata.

In considerazione di quanto venne suesposto il sottoscritto X Olindo, figlio maggiore del detto Sig. X G.B., anche a nome della famiglia superstite (composta della moglie Sig.ra Laura (...) ved. X, del figlio Enrico (S.Tenente di Fanteria, prigioniero di guerra in Austria fin dal 1915) inspirandomi a superiori concetti di umanità e giustizia, ardisco rivolgermi con animo deferente verso quelle Autorità costituite, le quali coll'elevare verbale di quanto possa loro constare della predetta esposizione di fatti, mi possano agevolare l'attenzione da parte del Ministro della Marina, di un certificato di speciale civica benemerenza alla memoria del nostro indimenticabile perduto, sacrificatosi volontariamente in circostanze che tornano di fulgido onore a lui, di mesta alterezza ai membri della sua famiglia, e sopratutto di esempio indimenticabile a chiunque nutra forti sensi di nobilissimo altruismo.
Con fede sicura, che trae il suo alimento del culto di noi tutti nutrito per la Giustizia, la desolata famiglia confida che la nobiltà di sentimenti animante in quest'ora tutte le pure coscienze, tutte le ardite energie italiane, faciliterà il riconoscimento non solo spirituale, ma altresì formale dell'atto di civico eroismo compiuto dal nostro indimenticabile Perduto.

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Purtroppo non so quale sia stato l'esito di questo accorato appello dai toni patriottici, ma anche senza un riconoscimento ufficiale, questa storia meritava comunque di essere raccontata.
Il cacciatorpediniere "Zefiro", varato dalla Regia Marina nel 1904, è riuscito invece a mantenersi a galla fino al 1924, anno del suo definitivo smantellamento. Tra gli uomini che formarono il suo equipaggio si conta un altro riconosciuto patriota e martire della grande guerra: il tenente di vascello Nazario Sauro.

Infine, nell'ultima parte del racconto viene nominato il figlio Enrico, "prigioniero di guerra in Austria fin dal 1915". Lui lo ritroveremo più avanti, protagonista di un'altra avventura...

DETTAGLI:
Formato: cm 21 x 31
Pagine: 2

Provenienza:
Una scatola da scarpe piena di lettere, cartoline e vecchie storie.

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