1.11.09

r/033 - Telegramma di raccomandazione

Nulla è dovuto al fattorino pel recapito. Il latore rimette una ricevuta a stampa quando è incaricato di una riscossione.

Questo è quanto si legge sul frontespizio di questo vecchio telegramma delle Regie Poste italiane.


Da Wikipedia:
"Nel linguaggio comune la raccomandazione consiste in una pratica, largamente diffusa in Italia, di segnalare qualcuno con il chiaro intento di porlo in una situazione di vantaggio rispetto ad altri in particolari situazioni."

Per quanto la raccomandazione e lo scambio di favori siano una pratica detestabile che danneggia indirettamente altre persone che a parità di diritti non riescono a raggiungere gli stessi obbiettivi, in alcuni ambienti risulta ancora pratica comune e tacitamente riconosciuta.
Nel caso in questione, come vedremo, si tratta di una situazione particolarmente delicata. Oserei dire che in certe occasioni il ricorso alla raccomandazione risulta ampiamente giustificato, se non l'unica via per ottenere qualche risultato concreto.

Nel seguente testo si fanno nomi e cognomi, ma ho deciso di censurarlo solo in parte, per non renderlo del tutto incomprensibile. Inoltre stiamo parlando di persone che in nessun caso possono essere ancora in vita - il telegramma porta impressa nel timbro la data del 9 settembre 1917.
L'elemento più interessante, comunque, è rappresentato dalla nota scritta in rosso nella parte bassa del foglio, e che ha permesso a me di capire qualcosa di più di una storia che peraltro non conosco benissimo.
Il telegramma recita quanto segue:

RIVOLGEROMMI CARDINALE COMUNICHI VATICANO SPERO SEGUE LETTERA -

Intrigante, vero? Sembra l'inizio di un romanzo di Dan Brown, e questo accenno al Vaticano e ad alcuni cardinali aggiunge subito quel tocco di mistero in più...
Dopo questo incipit carico di aspettative, leggiamo la nota, aggiunta a mano in un secondo momento:

"Questo telegramma è venuto in seguito alla sollecitatoria mandata da Olindo a Manlio il quale promise di parlare al Cardinale Ferrari, e nel caso che questi non se ne occupasse, promise di cercar di ottenere una commendatizia pel Cardinale Gasparri. Olindo scrisse di nuovo a Manlio dandogli i nomi di personalità della Croce Rossa alle quali raccomandare Enrico"

La cosa si complica. Evidentemente l'intenzione di chi scrive è quella di riassumere una serie di eventi per mandarli a futura memoria. Purtroppo, con i dati in nostro possesso, ne capiamo ancora troppo poco.
Vediamo di chiarire un po' tutta la faccenda:

Qualcuno (Olindo, da Roma) sta cercando di ottenere una raccomandazione per un certo Enrico, e a questo scopo si è messo in contatto con Manlio (che sta a Milano), sollecitando un suo interessamento.
Evidentemente Manlio ha la possibilità di entrare in contatto con alcuni alti prelati, tra cui il cardinale Ferrari.
Stiamo probabilmente parlando dell'arcivescovo di Milano, Andrea Carlo Ferrari (1850-1921), fondatore tra l'altro della Compagnia di San Paolo e dichiarato Beato nel 1987 da Giovanni Paolo II.
Nel caso in cui questi non potesse (o non volesse) occuparsi della faccenda, Manlio richiederebbe anche a lui una seconda raccomandazione (commendatizia) per un altro cardinale che presumibilmente si trova in Vaticano, il cardinal Gasparri (forse Pietro Gasparri, camerlengo di Santa Romana Chiesa dal 1914).
Non ci è dato di sapere se le loro Eminenze abbiano effettivamente aiutato il povero Enrico, ma probabilmente il tentativo non fu coronato da successo. Leggiamo infatti che in seguito Olindo si mise nuovamente in contatto con Manlio suggerendogli di cercare raccomandazione anche presso alcuni membri della Croce Rossa...

A questo punto la domanda sorge spontanea: per quale motivo ci si affanna tanto alla ricerca di questa benedetta raccomandazione? Che cosa è successo ad Enrico? Non si starà alzando questo polverone solo per ottenere un posto come usciere al Comune?
No, no. Deve esserci dell'altro...

Comunque, se stessimo realmente leggendo un romanzo di Dan Brown, non potrebbe mancare qualche enigma o indovinello.... e infatti, sulla sinistra del telegramma, troviamo una serie di strane cifre scarabocchiate a matita, che apparentemente non hanno nulla a che vedere con il resto.
Ma perché usare come foglio di appunti un documento che invece doveva essere considerato importante, dato che è stato conservato per tanto tempo?
Si tratta di semplici calcoli matematici o c'è qualcosa di più?
Per quanto la cosa possa essere intrigante, a malapena riconosco il simbolo del Pi greco, quindi lascio il gusto di indagare su questo elemento a chi è più ferrato di me nelle materie scientifiche.

Comunque è vero che questa storia nasconde un piccolo mistero, che non avrei mai potuto svelare se in mezzo alle vecchie carte di famiglia non avessi trovato anche la copia dattiloscritta di un'altra lettera, spedita dallo stesso Enrico ai suoi genitori.
Enrico scrive una lunga missiva, che tempo dopo qualcuno si è preso la briga di trascrivere a macchina per farla giungere fino a noi. Quattro pagine di scrittura fitta e precisa per raccontare una storia degna di una sceneggiatura cinematografica, ma tragicamente reale.

Appuntamento quindi al prossimo articolo del Rumentaio, con la lettera che Enrico scrive ai genitori da un campo di prigionia austriaco.

Ah, Il suddetto Olindo è il fratello di Enrico, nonché autore del documento riportato in  r/030 - Storia di un eroe. Semmai che non ci verrebbe fuori un film!

DETTAGLI:
Formato: cm 12,5x11 (chiuso), cm 21x25 (aperto)
Data dettatura: Milano 772, 15 agosto 1917, ore 19:20
Timbro: Roma Centrale, 9 settembre 1917

Provenienza
Una scatola misteriosa conservata in un comodino.

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